Abbiamo intervistato Massimiliano Mautone, co-founder di Bloc Project, una no profit cilentana, che vuole invertire lo spopolamento dei piccoli borghi attraverso una rete di iniziative culturali che ricreino la connessione tra uomo e territorio.
“…il ritorno porta addosso mal di testa e mal d’anima, nei silenzi ognuno piano fruga dentro di sé”. Ci piace immaginarlo così il ritorno di Massimiliano Mautone tra i borghi del suo Cilento. Tra dubbi e domande che accompagnano la voglia di riscatto.
Massimiliano è uno dei fondatori di Bloc Project, no profit targata under 35. L’idea di questo gruppo è semplice quanto affascinante: valorizzare le aree del Parco Nazionale del Cilento per metterle al centro di una nuova programmazione culturale, che attiri nuova linfa su un territorio che vale la pena riscoprire. Il tutto all’insegna della sostenibilità, declinata nelle sue diverse sfaccettature: ambientale, sociale ed economica.
Impossibile non scorgere in quelli di BLOC, molti dei valori di HQVillage. Investire sulla rinascita dei piccoli borghi, rimettere le persone al centro e farle sentire parte di una comunità sono solo il punto di partenza. HQVillage lo fa agevolando il lavoro da remoto, Bloc investendo sulle iniziative culturali. Approcci differenti che guardano lo stesso orizzonte.
Già, ma come passare dalle parole ai fatti? Quali sono le criticità da arginare e le opportunità su cui puntare? Lo abbiamo chiesto a Massimiliano in una lunga chiacchierata verso l’aeroporto.
Massimiliano, partiamo dalle cose semplici. Se dovessi spiegare a tua mamma che cos’è Bloc Project, cosa le diresti?
Le risponderei che quando io e gli altri ragazzi abbiamo iniziato a lavorare all’idea di Bloc Project, ci siamo concentrati su due aspetti in particolare.
Da una parte, aiutare le aree interne della nostra zona, il Parco Naturale del Cilento, a contrastare lo spopolamento che da anni, purtroppo, le contraddistingue. Dall’altra, valorizzare il territorio puntando su iniziative che non perdessero di vista la sostenibilità ambientale.
Una volta messi a fuoco questi due temi, siamo passati alla messa a terra del progetto lavorando su più fronti. Eventi di pubblico spettacolo, conferenze con esperti di sostenibilità e iniziative di co-progettazione dal basso rappresentano il cuore di tutto il progetto, che ambisce a riallacciare il rapporto tra persone e territorio.
Quando è nato BLOC e che risposta avete ricevuto dal territorio?
Ci siamo costituiti come associazione no-profit lo scorso luglio 2020, poco dopo la fine del lockdown. Mentre tutti gli artisti annullavano centinaia di eventi, noi ci riunivamo a sera per dare forma ai nostri.
La pandemia invece di farci sentire in gabbia, ha risvegliato la voglia di stare insieme e immaginare quello che abbiamo definito un nuovo Cilento Metropolitano. Una visione in cui la rete e l’unione di spazi e persone dovessero essere il punto focale.
Così abbiamo iniziato a pensare ai piccoli borghi come delle metropoli 2.0, non in termini di dimensioni, ma di servizi e condivisione di esperienze.
Per quanto riguarda la risposta di Comuni e Istituzioni locali, è stata incoraggiante. Molti sindaci e assessori sono pronti a farsi coinvolgere nelle nostre proposte e a mettere a disposizione spazi e persone. Certo, qualcuno non ha risposto al nostro appello, ma siamo fiduciosi che i risultati che verranno li facciano ricredere.
Pensate che il vostro progetto possa risultare interessante anche per chi non conosce il Parco Naturale del Cilento? Penso ad esempio ai nomadi digitali.
Assolutamente sì. Come per HQVillage, anche per noi i nomadi digitali sono professionisti su cui puntare per catalizzare la rinascita dei piccoli borghi. Nel Parco Naturale del Cilento ne abbiamo visti passare molti, e parlandoci abbiamo capito quanto la componente esperienziale giochi un ruolo fondamentale nella scelta dei loro soggiorni.
Qui avrebbero la possibilità di immergersi in una cornice paesaggistica patrimonio dell’UNESCO, creare relazioni con la comunità e, attraverso realtà come BLOC, prendere parte ad attività culturali stimolanti e amplificate.
Inoltre, sarebbero un bello stimolo per associazioni e giovani che già vivono qui, ma si sentono in trappola, bloccati. Incontrare qualcuno che può vivere ovunque, ma sceglie di farlo in una piccola realtà che prova a rinnovarsi potrebbe aiutarli a rimettersi in gioco a loro volta.
Prima di lasciarti al check-in, che cosa dobbiamo aspettarci da BLOC nei prossimi mesi?
Ti direi una nuova narrazione, che accompagni la creazione di un futuro per questi luoghi. Con le nostre rappresentazioni proveremo a far dialogare tradizione e innovazione, senza snaturare nessuna delle due.
Vogliamo proteggere il capitale storico e culturale dei nostri centri, ma senza recintarlo o metterlo sotto chiave. Piuttosto, togliendo un po’ di polvere e lasciando che le persone entrino e se ne approprino. È così che secondo noi andrebbero custoditi luoghi e tradizioni: lasciando che le persone tornino ad abitarli in nuovi modi.
Ecco allora che i resti di un tempio greco potrebbero fare da sfondo ad una conferenza sulle energie rinnovabili, o perché no, ad un concerto di musica sperimentale. Passato e futuro che dialogano sul palco, mentre il pubblico in platea si gode lo spettacolo.
Salutiamo Massimiliano augurandogli buon viaggio. Più tardi, rileggendo gli appunti presi durate la nostra chiacchierata, non riusciamo a non pensare di essere sulla buona strada.
Attraverso collaborazioni come quella con Bloc Project, i nostri HQVillages avranno la possibilità di mettere in connessione smartworker e nomadi digitali con territori ricchi di opportunità. Facendoli sentire immersi in un contesto fertile, in cui aver voglia di fare ancora ritorno.
Ecco allora che smartworking, innovazione e sostenibilità non saranno mai stati tanto vicini come tra le vie dei nostri borghi!